L’olio vegetale esausto, è noto ai più, è molto inquinante se disperso in natura.
A questo rifiuto viene concessa una possibilità in più di divenire risorsa utile a tutti: l’olio della friggitrice alimenterà la bio-raffineria Eni di Venezia e, dal 2018, anche quella di Gela, andando a sostituire in parte l’olio di palma attualmente in uso, che, benché certificato, è sul banco d’imputazione popolare.
Ciò è divenuto possibile grazie all’accordo politico firmato, alla presenza del Ministro dell’Ambiente Galletti, tra ENI e Conoe (Consorzio Nazionale di Raccolta e Trattamento degli Oli e dei Grassi Vegetali e Animali Esausti).
Questo accordo segna, in Italia, un altro passo importante verso il circuito virtuoso dell’ Economia circolare.
Attualmente il Conoe, per ciò che riguarda le sole attività professionali, quindi ristoranti, alberghi, friggitorie, stabilimenti industriali alimentari, raccoglie e recupera oltre 65mila tonnellate l’anno di oli vegetali esausti (Fonte Conoe 2016).
La capacità Eni di lavorazione di oli vegetali per la produzione di biocarburanti, tra cui green diesel e green nafta, aumenterà con l’entrata in funzione della bioraffineria di Gela e raggiungerà circa un milione di tonnellate l’anno.
Con questa capacità il “Cane a sei zampe” potrà ritirare tutte le 65mila tonnellate di oli disponibili raccolti dal Conoe, con un risparmio potenziale di 3 tonnellate di CO2 equivalente per ogni tonnellata di biodiesel prodotto e consumato come combustibile, mentre il volume dell’acqua risparmiata è attorno a 1,9 tonnellate per tonnellata di biodiesel.
Oltre all’aspetto ambientale non va trascurato il positivo risvolto sociale: le nuove centrali creeranno nuovi posti di lavoro.
L’accordo, infine, prevede azioni congiunte Conoe–Eni per favorire la raccolta di volumi incrementali di oli esausti prodotti dall’utenza domestica, oggi in gran parte dispersi, tramite accordi con le Pubbliche Amministrazioni locali e le aziende pubbliche di raccolta rifiuti.
Su Marche ed Abruzzo, va detto, la raccolta da utenza domestica è diffusa in modo piuttosto capillare e con buoni risultati: dunque i quantitativi raccolti nelle nostre zone non rispecchiano assolutamente i dati poco incoraggianti proiettati circa la realtà nazionale.